

- “non-vedo-il-mio-naso”: in caso di palestre a bassa illuminazione, lo sforzo della vista per sollecitare quei pochi bastoncelli rimasti può risultare un’impresa davvero ardua.
- “non-vedo-più”: fenomeni di abbagliamento dovuti ad architetti svalvolati sono molto frequenti, soprattutto in quelle palestre risalenti al primo Dopoguerra. In tali palestre si può assistere a strani fenomeni come la caccia alle farfalle durante una schiacciata o una bella plastica facciale diretta ad un povero esemplare di palleggiatore che non ha visto l’arrivo della difesa.
- “finalmente-ci-vedo”: palestre con un buon impianto luci sono molto rare, ma ci sono. Partite giocate in palestre ben illuminate sono una benedizione per i nostri amati volleyLanderiani che possono concedere una pausa ai loro poveri occhi.
Tanto importante quanto l’illuminazione, è il pavimento. Ne esistono principalmente due tipi:

- Parquet: può essere un pavimento molto gradito ai giocatori, ma bisogna ricordare all’addetta alle pulizie di non mettere la cera, altrimenti si potrebbe assistere a strani balletti, a corse sul posto o a scivolamenti sullo stile della più classica candid camera con buccia di banana annessa.
- Taraflex (o altri materiali sintetici): il pavimento “più gettonato” a VolleyLander. Le caviglie sono di sicuro più tutelate rispetto al parquet, ma in compenso le ustioni di terzo grado causate da un tuffo o una rullata segnano le ginocchia e le braccia dei nostri poveri giocatori per mesi e mesi.
In ogni caso, il pavimento migliore è quello che ha meno centimetri di polvere, quello che quando ti tuffi non diventi il figlio illegittimo di calimero. L'acaro di polvere, infatti, a VolleyLander ha una sua dignità, vive di vita propria e gode nel depositarsi dolcemente nelle magliette e nei pantaloncini dei giocatori.
Per chi volesse approfondire:
Normativa CONI per l'impiantistica sportiva (25 giugno 2008)
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