Procederemo ora ad analizzare una figura particolare che inevitabilmente caratterizza ogni tribù di VolleyLander. Li chiamano i Panchinari. Sono quei volleyLanderiani costretti a vivere imprigionati in quel carcere che chiamano Panchina.
Sappiamo tutti che in campo possono giocare solo 6 persone (più un libero). Dato che ogni tribù è in genere composta da 12-13 persone, inevitabilmente 5 o 6 di esse nella fase di gioco resteranno fuori, a scaldare le panchine. Descrivervi tutti i complessi e la frustrazione di questi giocatori sarebbe davvero troppo dispendioso. D'altronde penso che sia facile immaginare la condizione d'animo di giocatori costretti a vedere la partita da seduti anziché parteciparvi attivamente. Per questi motivi ho deciso di limitarmi a descrivere i principali approcci alla panchina, ovvero i diversi modi di reagire alla carcerazione, classificando i panchinari in una serie di categorie.
Il represso: in panchina da quando si è iscritto a questo sport, ha perso ormai ogni speranza. Sa che potrebbe dare tanto, ma il non poter mai contribuire al risultato delle partite gli spezza le ali … e il fiato!
L'agitato: freme. Freme in continuazione. Quando è in panchina gli bolle il sangue perché non può giocare; mentre quando lo mettono in campo è agitato perché deve dimostrare la sua forza. La sua motivazione è forte, ma giocasse con un po’ più di calma potrebbe puntare a risultati migliori.
L'insicuro: la sua paura gli blocca il fiato e gli fa tremare le gambe nei momenti di gioco. Ha talmente paura di entrare in campo che arriva pure a sperare di rimanere in panchina tutta la partita. Molte volte questi esemplari di panchinari hanno buonissime potenzialità, ma incontrano coach che non danno loro fiducia, o compagne di squadra che non credono nelle loro capacità. Questo, ovviamente, non fa altro che alimentare la loro debolezza.
Lo svogliato: la sua presenza in campo non è dettata da scelte del coach, né da mancanza di convinzione dei propri mezzi. Non si allena, o si allena male e svogliatamente … e non gioca. Punto. Quando entra in campo non ha problemi di performance perché non si lascia trasportare emotivamente.
Abbiamo parlato in questi post di ruoli e di competenze. Una squadra è come una grande macchina: per funzionare ha bisogno che tutti i pezzi collaborino per raggiungere un obiettivo. La cosa più importante che ti insegna la pallavolo è riuscire a scomporre il problema in settori da affrontare un pezzo per volta. Se difendi un attacco, ma sei più concentrato a pensare a come successivamente schiaccerai la palla che ti alzeranno, puoi star certo che quella palla la sbaglierai. A VolleyLander questo lo sanno bene. Non si pensa mai al dopo, ma si vive concentrati il presente. Questo sezionare il problema, tuttavia, non deve portare ad uno scaricare la colpa ai propri compagni di gioco.
Come in un post precedente, voglio proporvi un acuto commento di Julio Velasco in cui si parla del gioco di squadra ... anzi, del NON gioco di squadra e di come sia facile per uno schiacciatore scaricare la colpa di un attacco sbagliato ad una palla alzata male. "Gli schiacciatori - dice Velasco - non giudicano l'alzata ... la risolvono".
Dopo queste parole non c'è da stupirsi che Velasco sia considerato la Bibbia di VolleyLander.
Parliamo oggi di una figura mitica in VolleyLander, di un essere eroico quanto Superman e duro come Chuck Norris. È il factotum della squadra: colui che gestisce la difesa e punisce gli avversari sotto rete. Molti lo chiamano “lo schiacciatore”.
In campo giocano contemporaneamente 3 tipi di schiacciatori: 2 laterali (ali) e 1 opposto. In genere una della due ali è il leader indiscusso, quello da 30 punti a partita. Per comodità lo chiameremo il gallo. L’altra ala, invece, è spesso un secondo libero: come un grillo, schizza per tutto il campo e recupera anche i palloni più improbabili. L’opposto, infine, è generalmente il più alto e quello meno abile in difesa, messo in posizione opposta all’alzatore per consentirgli un buon giro in prima linea e la possibilità di attacco anche dalla seconda. Lo chiameremo la giraffa.
il gallo: leader indiscusso di tutta la tribù, spesso è anche il capitano. Sa veramente fare di tutto: coordina egregiamente la propria squadra nella fase di difesa, ma soprattutto punisce severamente gli avversari in prima linea. L’eco delle sue schiacciate risuona per tutta la vallata. Lui lo sa, e alza a cresta.
Il grillo: ottimo spostamento in difesa e, in genere, buona elevazione in attacco. Non è un gallo: non fa 1000 punti a partita, ma ha una buona manualità, sbaglia poco e sa dove tirare il pallone. Avesse anche quei centimetri in più …
la giraffa: alta e magra, ferisce i propri nemici nella fase di attacco, ma quando è in seconda linea può rivelarsi davvero pericolosa … per i suoi compagni di gioco! Ed è così che viene emarginata nella difesa, esclusa dalla ricezione, e marchiata a fuoco dagli avversari che la mireranno in ogni occasione.
È necessario sottolineare che la divisione non è sempre così netta: molte volte un giraffa può essere anche uno schiacciatore laterale e un gallo può giocare da opposto. Lo schiacciatore è comunque colui che più di tutti sfoga ogni frustrazione sul pallone. È consapevole dei suoi mezzi e li sa gestire. Se avvistate un esemplare di questa specie abbiatene rispetto e, in qualche caso, timore.
Se passeggiando per VolleyLander vi capita di osservare un essere dalle piccole e basse fattezze siete sicuramente in presenza di un esemplare di libero. Queste piccole creature vivono nelle foreste e si cibano di paste: il contributo che devono portare tutte le altre giocatrici quando battono sotto la rete. Loro, al contrario, non effettuano mai il servizio e quindi sono esentate da questa “tassa” verso la popolazione di VolleyLander e verso il re … limitandosi a mangiare a sbaffo tutte le sere e abbracciando i loro due migliori amici: Colesterolo e Adipe.
Marchiati a fuoco con un maglia di colore diverso a tutti gli altri compagni-tribù, sono chiamati liberi non solo perché possono mangiare a sbaffo (come spiegato nel paragrafo precedente), ma anche per una serie di innumerevoli esenzioni e diritti di cui dispongono: tra tutti, il poter tranquillamente girovagare per il campo ed effettuare atti scambisti con gli altri compagni. Tali scambi, tuttavia, devono avvenire solo in seconda linea, a circa 6 metri dal campo delle avversarie: la puffaggine, infatti, non permette a questi individui di avvicinarsi troppo a quell’ostacolo tanto alto quanto pericoloso che è la rete.
La bassezza che contraddistingue questo ruolo rende possibili ottimi controlli sul pallone, grazie al baricentro molto vicino a terra. Come nel caso degli alzatori, anche i liberi sono esemplari di volleyLanderiani molto utili alla squadra, ma poco retribuiti a livello di soddisfazione personale: non possono schiacciare e raramente fanno punto, corrono tutto il tempo, si tuffano su ogni pallone … ma l’unico contributo che hanno, lo ricevono talvolta da alcune bidelle che riconoscono l’aiuto offerto nel pulire la palestra con le loro magliette.
Vi invito ora a soffermare la nostra analisi di VolleyLander su un essere tanto curioso quanto strampalato. Il ruolo in questione è quello da molti definito del “centrale”. Chiamato così perché in prima linea schiaccia dal centro del campo, è facile riconoscere un attaccante con quel ruolo per l’altezza spropositata rispetto ai suoi compagni di gioco e per la rigidità delle gambe nel cercare di piegarle per svolgere una buona difesa. L’attaccante centrale, proprio per queste caratteristiche, gioca generalmente soltanto in prima linea: dopo il servizio viene sbattuto in panchina e sostituito con il libero, essere di tutt’altra specie che analizzeremo nei prossimi post.
Un ruolo da … “grillo” quello del centrale che è costretto a saltare e saltellare su ogni pallone: una volta per fingere un attacco di primo tempo, un’altra volta per murare, un’altra ancora per schiacciare una fast. Bellissimi gli schemi di palle veloci con gli altri attaccanti, quando riescono bene: quando i due giocatori non si cozzano nel cercare di prendere lo stesso pallone, o quando la palla non cade perché non è andata a prenderla nessuno. Tutto questo, ovviamente, dipende dall’abilità di un essere già analizzato in precedenza: il palleggiatore.
Girovagando per VolleyLander vi potrà capitare di incontrare esseri dalle fattezze maschili, ma con i capelli lunghi e una strana voce femminile … non stupitevi … si tratta sicuramente di un ottimo esemplare di centrale femmina. O per la stazza spropositata, o per un’evidente mascolinità emergente, non è difficile riconoscere alcuni centrali. Ovviamente non è sempre così: esistono anche volleyLanderiani “normali” che giocano dal centro. Se ne incontrerete qualcuno, provate a mettervi nei loro panni: avere sempre a che fare con donnoni giunonici o con pali di 2 metri al di là della rete che faranno di tutto per spezzarvi le braccine e giocare a shanghai con le vostre povere ossa. Brutta vita quella dei centrali.
Iniziamo con questo articolo a parlare di mansioni, di ruoli, di gioco delle parti. A VolleyLander bisogna svolgere una serie di compiti. Ogni incarico è affidato a una particolare categoria di giocatrici, che è chiamata a svolgere delle specifiche funzioni in base alle proprie capacità.
Il ruolo che analizzeremo di seguito viene chiamato da alcuni palleggio, da altri alzatore, da altri ancora regista: è colui al quale è affidata la gestione della palla e, quindi, della partita. Un volleyLanderiano che si appresta a questo ruolo deve avere esperienza e concentrazione: molte partite vengono vinte grazie alla sua testa piuttosto che per le sue mani.
Un esemplare di alzatore è facilmente riconoscibile tra gli altri volleyLanderiani se appartiene a una di queste categorie:
lo scoiattolo: magri e molto agili, sono queste le caratteristiche di molti alzatori. Alcune volte scelti più per la loro prontezza di riflessi che per la qualità del palleggio, li vedi schizzare a destra e sinistra e recuperare anche i palloni più difficili.
il tappo: ci sono palleggi che si contraddistinguono perché affetti da una forma di puffaggine acuta. Istruiti fin dalla tenera età come alzatori perché non sufficientemente alti per schiacciare, possono essere buonissimi registi per l’esperienza che si sono fatti sulle proprie ossa e per il baricentro basso che aiuta a controllare i palloni. I problemi sorgono quando, una volta in prima linea, non è consentito dal regolamento l’utilizzo di scale o tavolini per riuscire a murare giocatrici di 2 metri e passa.
l’anziano: il palleggiatore è molte volte il più anziano della squadra. Proprio perché a VolleyLander l'alzatore è il registra, è la logica, è la testa di ogni tribù, vengono spesso scelti esemplari con un ampio bagaglio di esperienza ... insomma ... vecchi! Tutto ciò a discapito di giovani e inesperti secondi palleggiatori che sono costretti ad ammuffire in panchina per lasciar spazio a dentiere e gambe di legno.
Un buon alzatore può davvero essere l'ago della bilancia in una partita. Un palleggio mascherato è in grado di spiazzare il muro delle giocatrici avversarie ed una buona distribuzione del gioco rende possibili attacchi stupefacenti. Il palleggiatore non ha la possibilità di "sfogarsi sulla palla" come lo schiacciatore: egli deve mantenere il controllo, la mente fredda e gli occhi sempre all'erta. Egli è sempre presente su ogni azione: è responsabile al 33% della vittoria di una partita, ma spesso è più facile sentire i complimenti su una bella schiacciata piuttosto che su ciò che l'ha resa possibile. Se dunque passeggiando per VolleyLander vi capiterà di incombere in un palleggiatore leggermente stressato o frustrato, abbiatene compassione e comprensione ricordandovi ciò che vi ho spiegato.
La storia che vi voglio raccontare parla di coach, giocatori e giocatrici … e ovviamente parla di VolleyLander.
Nel lontano 1983 uno strano esemplare di coach, mai visto prima di allora, arriva timidamente in Italia e, dopo i primi anni tra serie A2 e successivamente A1 con la Panini Modena, inizia nel 1989 ad allenare la nazionale maschile di pallavolo. Il suo nome è Julio Velasco. Questo strano essere appare subito fuori da ogni schema e gli altri volleyLanderiani lo guardano straniti vincere in 8 anni 3 ori europei, 2 mondiali e 5 World League. Artefici in campo di questi successi sono Andrea Zorzi, Lorenzo Bernardi, Luca Cantagalli, Andrea Giani, Paolo Tofoli, Pasquale Gravina, Marco Bracci e Andrea Lucchetta. Questo straordinario gruppo di giocatori forma la cosiddetta generazione di fenomeni, e la nazionale italiana di quegli anni verrà in seguito premiata dalla FIVB come Squadra del secolo.
Nel mondo della pallavolo si dibatteva su cosa potesse essere cambiato nella squadra italiana dopo l’arrivo di Velasco. Lui spiegò agli increduli che non si trattava di questioni tecniche, ma di un cambio di mentalità: una mentalità vincente.
Era l'inizio di una nuova cultura sportiva.
Nel 97-98 Velasco passerà ad allenare la nazionale femminile di pallavolo. La sua fama crescerà talmente tanto nel mondo dello sport che negli anni a venire verrà chiamato a svolegere ruoli dirigenziali da società calcistiche come Lazio e Inter.
Attualmente Julio Velasco allena la nazionale maschile spagnola di pallavolo. Ecco qui l'articolo uscito il 23 dicembre 2008 su sport.it.
In VolleyLander, capo indiscusso di tutta la tribù è indubbiamente il “coach”. Questa figura non è assolutamente da confondere con il mister, ruolo appartenente a tutt'altro mondo.
Esistono diverse tipologie di allenatore: in base ad ogni caratteristica cambia il modo di approcciarsi delle giocatrici all’allenamento e alle partite, e cambia anche il livello di ascolto.
Allenatore marines: “Giù dalle brande!!!” Ci sono certi allenatori che credono che ripetendo tutte le ingiurie subite durante il servizio all’esercito il loro ego cresca e migliori. Nelle tribù governate da questi esemplari di coach non vige la democrazia, ma la totale dittatura. L’allenatore ha sempre ragione … ricordatelo! Se dunque incomberai mai in un esemplare di questa specie, non osare contraddirlo, né tanto meno mettere in dubbio le sue decisioni o cercare di instaurare con lui un rapporto basato sulla razionalità: finirai solo per scontrarti … e in tal caso … è stato un piacere averti conosciuto!
Mamma-chioccia: soprattutto nelle tribù più giovani di VolleyLander si rischia di incontrare strani esseri dalla tenera consistenza e dalla personalità quasi materna. In questo caso il rapporto instaurato tra allenatore e giocatrici diventa molto forte e si corre persino il pericolo di passare da squadra a famiglia. Seppur possa sembrare positivo tale cambiamento, in queste tribù possono scatenarsi strane dinamiche sociali come l’eccessiva protezione da parte del coach verso le proprie giocatrici o una sbagliata visione del ruolo dell’allenatore da parte di ragazzine che faranno di tutto per aggiudicarsi la sua fiducia, il suo affetto e la sua stima. Classica espressione per distinguere un esemplare di mamma-coach è “Brave le mie bambine!” … o altre frasette smielate.
Riservato: i coach introversi sono davvero buffi, soprattutto nel loro approccio con le volleyLanderiane. Le giocatrici, come ho già detto in un post precedente, una volta che entrano in una palestra si trasformano in esseri buzzurri e per nulla femminili. I loro modi eclettici e le battute sfacciate mettono spesso in crisi l’allenatore riservato che inizia così ad assumere tinte che vanno dal rosso al violaceo.
Motivatore: spesso non ha molte competenze tecniche, ma il suo carisma è in grado di creare una squadra forte e unita. Con lui una volleyLanderiana si sente spronata a dare sempre il massimo e, nonostante riceva raramente note di carattere tecnico, può notare molti miglioramenti, soprattutto in quei fondamentali che, per essere eseguiti, necessitano di una forte componente motivazionale (difesa, muro, attacco). Le tribù più esperte compensano la figura del motivatore affiancandogli quella del tecnico, che segue l’allenamento nell'esecuzione dei fondamentali e negli schemi in campo.
Veneto: gli allenatori veneti sono la peggior razza. Testa dura come il legno, orecchie enormi e sguardo severo. Potete riconoscere esemplari di coach-veneti se sentite gridare “fooorsa!!! Prendi la balaaaaaa” oppure “ma che palegio e questo!”.
Dis-Equilibrato: sono spiacente nel rivelarvi che la scienza non ha mai riscontrato casi di coach normali, equilibrati e senza bizzarre tendenze o perverse manie. Ovviamente non è possibile fornirvi una lista completa ed esaustiva di tutte le stranezze caratterizzanti la razza coach … vi basti sapere che se non sono eccentrici, non sono veri esemplari di allenatori volleyLanderiani.
I coach rappresentano il settimo giocatore in campo: la gestione degli allenamenti, le scelte tecnico-tattiche e le loro decisioni durante la partita possono rivelarsi fondamentali per l’esito degli incontri. Tuttavia molti di loro non sono consapevoli di tutto questo. Se vi capiterà di assistere allo sfogo di un allenatore verso le proprie giocatrici sarà uno spettacolo di tutto rispetto, uno dei folclori più belli che VolleyLander può offrire ai suoi visitatori.
Se sei un allenatore o vorresti diventarlo, ti segnalo il portale degli allenatori di pallavolo dove è possibile trovare e condividere materiale sulla didattica del volley.
Andiamo ora ad analizzare le volleyLanderiane. Riconoscere una femmina di questa specie è nella maggior parte dei casi un’impresa fattibilissima: alte, non molto aggraziate nei movimenti, unghie corte, mani consumate dalla palla e talvolta lividi sugli avambracci. Se poi hai la fortuna di avvistare un esemplare in divisa, il gioco è fatto: in testa 400 pinzette di ogni forma e sfumatura cromatica, tuta maschile e borsone con dentro l’impossibile … tra cui il kit per tornare a essere una persona “normale” una volta uscita dalla palestra. Ovviamente non tutte le volleyLanderiane sono così: alcuni esemplari, infatti, cercano di rinnegare la loro natura e provano addirittura a mettersi lo smalto o a legare i capelli con una semplice coda di cavallo senza tanti fronzoli. Queste sono ovviamente tutte specie in via di estinzione.
A VolleyLander ci si vuole un sacco di bene tra le giocatrici della propria tribù, ma chissà perché le ragazze delle squadre avversarie appaiono sempre arroganti, antipatiche e sgradevoli.
Esistono una serie di riti e di gesti che accomunano gli esemplari di questa strana specie.
- Toccata portafortuna: se avvistate toccate di fondoschiena tra pallavoliste della stessa squadra state tranquilli … nulla di particolare: è un gesto comune a molte volleyLanderiane. Per spronare la compagna o semplicemente come gesto scaramantico o anche come puro tic, il significato non cambia ed è così che tra un battimano e un batticulo le ragazze si fanno forza e riescono a vincere la partita. Anche il battersi le mani è un usanza prettamente volleyLanderiana: chi non appartiene a questo mondo non riesce a capire il senso di così tanti battimano. Studi scientifici devono ancora dimostrarlo, ma c’è chi afferma che le giocatrici utilizzino questo rito per passarsi l'energia necessaria a finalizzare il punto successivo.
- Ooooh so!: chi non appartiene a VolleyLander guarda con tono mistico quello strano gesto che ogni tribù fa una volta aggiudicato il punto. Le nostre indigene, infatti, usano festeggiare la vittoria di ogni palla radunandosi in centro al campo, unendo le mani e gridando: “Oooohh…soo!” mentre abbassano o alzano le braccia a seconda delle usanze della tribù. Le versioni più bizzarre appartengono ad una sottospecie: le TRUZZ-volleyLanderiane. Quest’ultime usano comporre vere e proprie danze mistiche a seconda del tipo di punto che si è fatto: al centro toccata per terra in caso di ace, petto contro petto gridando un femminilissimo “UH” (stile gorilla) nel caso di punto muro, ecc …
Se avvistate una volleyLanderiana e siete interessati a conoscerla, avvicinatevi con molta cautela e, se volete, iniziate tranquillamente a parlarle chiedendole l’ora, commentando il tempo, o lamentandovi della crisi … ma mi raccomando … non iniziate l’argomento pallavolo! Il grosso rischio è che inizi a parlare il volleyLanderiano: in tal caso, per porre fine alla conversazione, vi consiglio di fingere un mancamento, o di simulare una telefonata urgente.
Il luogo in cui si svolgono le principali attività di VolleyLander (tra cui allenamenti e partite) è sicuramente la palestra. La palestra è la casa di ognuno di questi indigeni, che sono soliti radunarsi in tribù chiamate “squadre”. La palestra-casa è spesso un luogo confortevole e la conoscenza di ogni angolo, di ogni luce, di ogni acaro di polvere porta spesso un grande vantaggio alle squadre che giocano “in casa”. Quando però le battaglie avvengono nei campi avversari, ecco subito emergere una miriade di problemi.
Ogni volleyLanderiano tende a giudicare la qualità del campo da gioco in base a due elementi: illuminazione e pavimento.
L’illuminazione si divide principalmente in tre categorie:
-“non-vedo-il-mio-naso”: in caso di palestre a bassa illuminazione, lo sforzo della vista per sollecitare quei pochi bastoncelli rimasti può risultare un’impresa davvero ardua.
-“non-vedo-più”: fenomeni di abbagliamento dovuti ad architetti svalvolati sono molto frequenti, soprattutto in quelle palestre risalenti al primo Dopoguerra. In tali palestre si può assistere a strani fenomeni come la caccia alle farfalle durante una schiacciata o una bella plastica facciale diretta ad un povero esemplare di palleggiatore che non ha visto l’arrivo della difesa.
-“finalmente-ci-vedo”: palestre con un buon impianto luci sono molto rare, ma ci sono. Partite giocate in palestre ben illuminate sono una benedizione per i nostri amati volleyLanderiani che possono concedere una pausa ai loro poveri occhi.
Tanto importante quanto l’illuminazione, è il pavimento. Ne esistono principalmente due tipi:
-Parquet: può essere un pavimento molto gradito ai giocatori, ma bisogna ricordare all’addetta alle pulizie di non mettere la cera, altrimenti si potrebbe assistere a strani balletti, a corse sul posto o a scivolamenti sullo stile della più classica candid camera con buccia di banana annessa.
-Taraflex (o altri materiali sintetici): il pavimento “più gettonato” a VolleyLander. Le caviglie sono di sicuro più tutelate rispetto al parquet, ma in compenso le ustioni di terzo grado causate da un tuffo o una rullata segnano le ginocchia e le braccia dei nostri poveri giocatori per mesi e mesi.
In ogni caso, il pavimento migliore è quello che ha meno centimetri di polvere, quello che quando ti tuffi non diventi il figlio illegittimo di calimero. L'acaro di polvere, infatti, a VolleyLander ha una sua dignità, vive di vita propria e gode nel depositarsi dolcemente nelle magliette e nei pantaloncini dei giocatori.
Come ho spiegato nell'articolo sulla palla, in VolleyLander la fede spinge a compiere ogni tentativo possibile per proteggere il proprio campo dall'attacco nemico.
Finché la palla è in volo la speranza pulsa nelle vene di ogni giocatore. Il buon giocatore non smette mai di credere che la partita possa essere ribaltata, non da mai per vinta nessuna palla.
Ecco un fantastico esempio di grandissimo giocatore: Gilberto Amauri de Godoy Filho, in arte Giba.
Ad ogni giovane esploratore che si addentra in VolleyLander occorre in primis conoscere ciò che illumina questo luogo. Non sono i fari a scarica della palestra ... quelli che se per caso si spengono costringono a sospendere l'intero allenamento (se non peggio la partita) perché ci mettono una vita ad accendersi. Né tanto meno la luce diurna che da piccole fessure entra timida in un mondo che sembra essersi dimenticato di lei. No. Ciò che illumina questi strani indigeni è sì di forma circolare, ma è di cuoio, ha una circonferenza di 65 cm, un peso di 260 g e una pressione interna di 0.30 kg/cm².
Il pallone detta ogni legge. Lo affronta il ricettore, lo gestisce il palleggiatore, lo sbatte a terra lo schiacciatore, l’accarezza il difensore quando con una rullata lo accompagna verso il regista. Diventa nemico quando cerca di toccare il tuo campo e viene sconfitto quando cade fuori, è un prezioso alleato quando riesce ad entrare nel campo avversario. Il pallone è gioia e dolore, è fine e mezzo, è speranza e delusione, ma alla fine è il motore pulsante di ogni azione. “Il pallone è rotondo”: da esso ci si può aspettare di tutto. Proprio per questo ogni partita parla da sé, ed è così che nella pallavolo la capolista viene battuta dalle ultime in classifica.
Occhio dunque a rispettare sempre la palla, soprattutto davanti a pallavolisti convinti. Il pallone è il guru di VolleyLander: non osare sedersi sopra! La palla però è anche una preziosa amica: con lei ti puoi sfogare, con lei puoi incanalare tutta la tua potenza. E più ti sfoghi, più la conoscerai, imparerai a gestirla e, forse, ad amarla. Se sei arrivato al punto tre, arrenditi … fai già parte di VolleyLander.
Ogni giorno nel mondo, milioni di persone si riuniscono in posti umidi e in condizioni estreme per dar vita ad una nuova specie. Nel quotidiano questi esseri appaiono come persone “normali”, ma basta uno spogliatoio e una rete per creare profonde mutazioni genetiche ed evolutive. Per una persona ancora “incontaminata”, entrare in questo mondo può rivelarsi profondamente ostico: le strane usanze e le anormali caratteristiche psico-fisiche di questa popolazione possono causare gravi traumi personali.
Questo blog vuole essere un vademecum per gli interessati al mondo della pallavolo. Non sarà una guida tecnico tattica sull’apprendimento della pallavolo, né vuole essere un’analisi esaustiva dei ruoli e delle competenze di tutte le figure inserite in questo mondo. Come suggerisce il titolo, si vuole dare ai lettori un manuale di sopravvivenza, una lista di istruzioni basilari per addentrarsi in quel fantastico quanto intricato universo che è il volley ... in quella terra selvaggia che è VolleyLander.